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Verga e il folklore


Verga e il folklore. 
La ricerca e l'uso dei proverbi e di altro materiale folklorico corrisponde all'aspirazione veristica secondo la quale "la più completa e la più umana delle opere d'arte", si raggiungerà allorché "l'affinità e la coesione di ogni sua parte sarà così completa che il processo della creazione rimarrà un mistero, come lo svolgersi delle passioni umane, e l'armonia delle sue forme sarà così perfetta, la sincerità della sua realtà così evidente, il suo modo e la sua ragione di essere così necessari, che la mano dell'artista rimarrà assolutamente invisibile, allora avrà l'impronta dell'avvenimento reale, l'opera d'arte sembrerà essersi fatta da sè, aver maturato ed essere sorta spontanea come un fatto naturale; senza serbare alcun punto di contatto col suo autore".
 
La poetica verghiana non fu mai compitamente definita in un'opera specificamente teorica, ma la si può derivare sia da una lettera all'amico Salvatore Farina, premessa alla novella L'amante di Gramigna , nella quale viene ribadito il canone verista dell'impersonalità dell'opera d'arte, che nella novella Fantasticheria che contiene "in nuce" il romanzo I Malavoglia. .
Tale poetica, pur con indubbie originalità, si inscrive nel generale programma verista di rappresentazione della realtà in tutti i suoi aspetti, ottenuta attraverso lo straniamento dell'autore dai fatti narrati, l'abbandono dello psicologismo, e cercando di riprodurre i modi espressivi dei personaggi.
Il programma artistico dei veristi comporta quindi la necessità di documentarsi scrupolosamente sul mondo da rappresentare, sia esso quello delle classi subalterne, sia quello della borghesia emergente, che quello delle classi colte ed aristocratiche. In questa ricerca documentaria i veristi si avvalgono degli strumenti di analisi scientifica che nel clima del positivismo raggiungono un notevole sviluppo; ed ai positivisti i veristi si richiamano in generale "condividendone la volontà di definire una fisiologia del comportamento umano considerato nelle costanti strutturali della sua natura, non nella storicità della vicenda attraverso cui si esplica".
A differenza dei naturalisti che "imprimevano al criticismo positivista una spinta dinamica, facendosene uno strumento per intervenire, attraverso la letteratura, sulla realtà presente della condizione umana", i veristi assumevano il positivismo "in una prospettiva statica delegandogli solo il compito di sfatare le illusioni che l'uomo nutre su se stesso, in nome di un fatalismo senza scampo".
Fin dalle opere giovanili, quindi, Giovanni Verga si era perciò preoccupato di documentarsi sul mondo da rappresentare: sulla vita dei conventi per Storia di una capinera e sulla topografia e il paesaggio per altre opere.
Ma nei Malavoglia , questo interesse documentario segna "il passaggio dalla prima concezione del "bozzetto marinaresco Padron 'Ntoni" agli impegni maggiori del romanzo".
Dalla corrispondenza con l'amico Capuana é possibile rilevare la ricerca di materiale folklorico, il desiderio di effettuare dei "sopraluoghi", la ricerca del "tono locale". Scriveva infatti:
"A proposito, mi hai trovato una 'ngiuria che si adatti al mio titolo? Che ti sembra de I Malavoglia? Potresti indicarmi una raccolta di proverbi e modi di dire siciliani?".
E manifestava il desiderio "d'andare a stare una settimana o due, a lavoro finito, ad Aci Trezza" per cogliere il tono locale.
Altre lettere, sempre indirizzate al Capuana, costituiscono una ulteriore attestazione di questo interesse documentario. Nella lettera del 18 aprile 1879, lo prega di mandargli "tutte quelle raccolte di proverbi e modi di dire siciliani".
Il 20 aprile 1879 riscrive al Capuana " ... Ti rimando il tuo Pitrè ancora vergine, giacché del Pitrè ne avevo anch'io una copia, con la medesima copertina petronciana e non ci avevo trovato gran cosa. Ciò che vado cercando con desiderio è la raccolta dei Proverbi del Rapisarda, stampata in Catania e introvabile".