Proverbi e Scrittori.  
 
Non esistono quasi limiti di tempo e di spazio nella dimensione dei proverbi, tanto vasta ne è la diffusione nel tempo e nello spazio. Da tempo immemorabile l'uomo fa uso di proverbi, sia nella tradizione orale come in quella scritta. Spesso è assai difficile risalire all'origine di un proverbio, se esso è transitato dalla tradizione orale alla letteratura o viceversa, se è di origine colta o popolare; anche la linea di demarcazione tra proverbi, detti, motti, sentenze, aforismi, è assai sottile e forse non è così importante come si crede risalire all'origine di un proverbio o di un aforisma quanto piuttosto alle motivazioni che ne hanno determinato sia la nascita che l'uso più o meno frequente. 
Possiamo innanzitutto distinguere due tipi fondamentali di proverbi: quelli normativi e quelli constatativi. I primi indicano delle norme, dei comportamenti da seguire, e hanno spesso lo scopo di indurre in chi li ascolta un comportamento conforme all'enunciazione pena la pubblica disapprovazione: mogli e buoi dei paesi tuoi, risulta quasi un ammonimento a non ammogliarsi con donne di paesi diversi se si vogliono evitare rischi di matrimoni fallimentari. Il secondo tipo di proverbi induce in chi lo ascolta quasi un atteggiamento di  rassegnazione nei confronti delle avversità della vita: il mare è amaro e il marinaio muore in mare; questo proverbio dei Malavoglia di Verga sembra invitare alla rassegnazione, a saper accettare le luttuose conseguenze da parte di chi è destinato a fare il pescatore o il marinaio. 
La distinzione tra proverbi normativi e proverbi constatativi è tratta dalla tesi di laurea  "I Proverbi nei Malavoglia di Giovanni Verga".  
Tale distinzione permette di distinguere i ruoli dei protagonisti che pronunciano proverbi: il denominatore che accomuna non solo i proverbi tratti dai Malavoglia, ma anche di altre opere letterarie e di saggistica è appunto il differente ruolo sociale dei personaggi che ricorrono all'uso di proverbi normativi. Salvo eccezioni sono sempre i ceti dominanti che fanno  uso di tali proverbi, e quasi sempre con lo scopo di ribadire la loro netta supremazia sociale. I proverbi adoperati prevalentemente dal popolo sono di tipo constatativo ed esprimono quasi sempre un senso di rassegnazione sui mali della vita e sulla impossibilità di migliorare la propria condizione. Spesso quindi i proverbi hanno un carattere spiccatamente conservatore se non schiettamente reazionario. 
"I poveri e i ricchi li fece il Signore", quindi tentare di cambiare la propria condizione economica e/o sociale equivale ad andare contro la volontà di Dio. "Uno deve stare dove la Provvidenza l'ha messo" e Sciascia, con una virgola, unisce questo proverbio con un altro altrettanto perentorio: 
"Il povero che fa il superbo sempre male finisce". A pronunciare questi due proverbi unificati, ovviamente è una donna appartenente al ceto dominante. 
Non mancano però i proverbi che accompagnano le stagioni in relazione al lavoro nelle campagne o in mare: spesso rappresentano dei consigli, delle norme dettate dall'esperienza, ed hanno lo scopo di sfruttare al meglio le magre risorse disponibili, per ottenere il massimo dal raccolto o dalla pesca.  
L'uso di quest'ultimo tipo di proverbi non incide però minimamente sugli assetti politico-sociali esistenti e non desta la minima preoccupazione nei ceti dominanti, che non hanno alcuna difficoltà a farne uso. 
Non tutti i proverbi inseriti nel sito hanno un riscontro letterario; qualcuno, che mi è sembrato particolarmente espressivo, deriva da raccolte di proverbi, altri da fonti orali dirette, di cui talvolta descriverò l'occasione in cui li ho uditi pronunciare. 
 
 
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