Cosa significa "sospira" in Dante?

Rosanna Riva
2025-04-15 11:57:22
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Nella Vita Nuova il termine è connesso a una delle vicende topiche dello Stil novo, esprimendo costantemente la manifestazione fisica del travaglio spirituale di chi geme per nobile amore. Altrove sono le donne pietose che si dispongono in sintonia con lo stato d'animo del poeta. Nella Commedia, benché riproduca la tematica stilnovistica, la voce designa abitualmente una situazione totalmente diversa. Mentre il pianto e le lagrime sono la conseguenza di un tormento fisico, i s. sono ancora provocati da un rimorso e un turbamento più intimi, soprattutto dall'impossibilità delle anime di contemplare Dio. Nel Purgatorio, invece, la voce esprime il pentimento dei peccati e fa parte del rito liturgico di purificazione. Infine, nei canti ambientati nel Paradiso terrestre, i s. accompagnano costantemente la sofferta catarsi di D. Valore ancora diverso riveste il pïo sospiro di Beatrice, che esprime la premurosa e caritatevole commiserazione di un beato nei confronti dell'ignoranza degli uomini.

Vinicio Amato
2025-04-02 08:17:16
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Questo verso è tratto dal celebre sonetto “Tanto gentile e tanta onesta pare”, contenuto nel XXVI capitolo della “Vita Nuova”. Indica la condizione del Poeta della Commedia, che è poi quella dell’uomo contemporaneo, anelante ad una tregua alle inquietudini di un mondo messo a dura prova, attraverso la forza magica della Bellezza e dell’Amore. Del resto “la sua lirica è un lungo sospiro, che raccoglie tutte le sue impressioni, dolore, tremore, ammirazione, adorazione”, ha scritto a proposito Francesco De Sanctis. È davvero una sfida affascinante e aperta a tutti: l’invito a vivere la dimensione più alta dell’umano anche dentro una condizione di isolamento, di incertezza, di lontananza, alla ricerca della bellezza, dell’amore, di quelle visioni creative e significati altri, inaspettati, che paiono dire alla nostra anima, così come capitò al Sommo Poeta: “Sospira”.

Tancredi Fiore
2025-03-25 14:40:12
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Sospira, cioè desidera. Desidera, Dante, non smettere di desiderare, desidera fino in fondo. Perché c’è nella realtà qualcosa che ridesta il tuo desiderio e, ridestandolo, si fa strada al suo compimento.
Il sospiro, ancora sinonimo di desiderio, segue Beatrice, nella via irresistibile ed inarrestabile dell’amore e, seguendola, giunge dove ella se ne va: oltre la morte, oltre il dolore, oltre l’ambiguità e l’impurità, oltre la confusione; oltre il paradiso terrestre, oltre l’ultimo cielo, fino all’estremo, all’inimmaginabile, all’indicibile, fino alla contemplazione di Dio.

Domingo Grasso
2025-03-25 13:50:25
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Ma mentre in Rime LXVIII 13 'l viver mio (omai esser de' poco) / fin a la morte mia sospira, le sofferenze inflitte da Amore sono così intense da condurre all'annichilimento. In Rime LIX 8 de li modi sui / cotanto intende quanto l'om sospira (" l'uomo può intendere i modi di Amore, ciò che fa Amore, a seconda di quanto sospira; cioè soltanto chi è innamorato può rendersi conto di ciò che fa provare ", Barbi-Maggini) e, in via negativa, in XCVI 10 Donna non ci ha ch'Amor le venga al volto, / né omo ancora che per lui sospiri, l'emissione dei gemiti svela l'estrinsecarsi di una nobile aspirazione e la voce assume una connotazione altamente positiva, essendo propria di pochi privilegiati.
Nella Vita Nuova, il s. coinvolge ora le personificazioni oniriche di Amore, che (sospirando pensoso venia, IX 10 7, e pareami che sospirando mi chiamasse, XII 3) sono poi l'oggettivazione figurata delle condizioni e dello stato d'animo del poeta, ora lo stesso D. che, consapevole della prossima morte di Beatrice, geme per la caducità dell'esistenza terrena (XXIII 3 e 21).
Alla morte della gentilissima, il termine manifesta il dolore prodotto da quella perdita, appena temperato dalla consapevolezza della sua certa ascesa in cielo, come emerge in XXXI 12 39 ma ven tristizia e voglia / di sospirare e di morir di pianto, e in 15 57 Pianger di doglia e sospirar d'angoscia / mi strugge 'l core; si noti qui il verbo sostantivato. Nell'Inferno il verbo designa di volta in volta l'atteggiamento degli accidiosi o iracondi sommersi nella palude (VII 118), il dolore di Farinata nell'udire le accuse di D. (X 88), la stizza di Niccolò III nell'attimo in cui comprende di non parlare a Bonifacio VIII (XIX 65) e, attraverso la similitudine di un caso patologico, l'attonito disorientamento di Vanni Fucci (XXIV 117).
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